Trascinato dalle sue creature oniriche, il pittore valtellinese giunge fino a New York, dove una prestigiosa galleria d’arte gli dedica una mostra personale. il critico Vittorio Sgarbi, incantato dall’artista,dichiara: Mainetti e’ un animale e la sua opera non e’ inquadrabile in nessuna corrente d’arte moderna. Per gli emigranti del secolo scorso, New York incarnava l’avverarsi di una nuova vita fatta di speranze e immaginata attraverso il filtro di racconti e sogni ad occhi aperti. Oggi, le figurazioni fantastiche dell’onirico e dell’incubo giungono sulla “grande mela” attraverso il pittore valtellinese Ugo Mainetti, al quale la Fine art Gallery di Manhattan dedica un’esposizione personale. Non si puo’ certo parlare di colpo di fortuna per un artista che ha costruito con pazienza e caparbieta’ la sua carriera. come un emigrato il Mainetti ha creduto nel suo lavoro e nei suoi sogni meritandosi diversi riconoscimenti nazionali, prestigiose mostre oltre-confine (Parigi,Sydney,Dusseldorf) e una quotazione dei suoi dipinti che puo’ superare i ventimila euro. Il critico d’arte Vittorio Sgarbi, in una recensione che il pittore esibisce con orgoglio nel suo sito (www.mainettiugo.com), scrive : Mainetti e’ l’altra faccia delle nostre anime , quella piu’ segreta e sconosciuta. A vedere le sue opere cosi’ inconsapevolmente poco preoccupate di rispettare le consuetudini , ci si chiede con una punta d’invidia se Mainetti non sia piu’ libero di noi.” Nato a Tartano nel 1945, manifesta fin dall’infanzia l’inclinazione per il disegno. Per gli abitanti del Belpaese e della Valtellina sono pero’ tempi difficili e le necessita’ di sostentamento lo portano a dover relegare la pittura all’universo delle passioni sopite. Impara la professione di macellaio, lavoro che forse contribuisce alla creazione notturna di un mondo figurativo “frattagliato”, dove le carni sono messe a nudo e l’esistenza e’ indagata nel profondo delle sue viscere. Durante u’intevista dichiara ” di aver capovolto ogni struttura dell’arte , cosi’ come il tempo ce le ha tramandate. La mia arte si feconda nel Mistero dell’Universo che l’Uomo attraversa velocemente senza capire i confini del lavoro e del riposo, senza avere una giusta meta e senza percepire ne’ i limiti ne’ lo scopo della sopravvivenza”. Non si puo’ che rimanere affascinati, e in qualche modo violentati, di fronte ai dipinti di Ugo Mainetti e della sua Arte Brutale. Pittore autodidatta, la sua opera e’ di difficile collocazione all’interno delle correnti artistiche novecentesche. Espressionista, surrealista,astratto, il Mainetti attraversa l’arte in sella a creature oniriche impegnate ora ad un tranquillo trotto ora a un eccitante galoppo. Proprio come nei sogni, cio’ che rassicurante e amichevole puo’, ad un altro sguardo, subire improvvisa metamorfosi fino a stabilizzarsi in figure dai tratti angoscianti. Attraverso la dettagliata annotazione dei sogni e un metodo di lavoro furente che lo porta a periodi d’ isolamento dal reale, Mainetti da vita a figurazioni oniriche sconquassate, spelate, squartate nelle loro sembianze umane e carnali per essere indagate nella profondita’ dei loro abissi subconsci. Aprendo le carni , divaricandole e mescolandole selvaggiamente, ci viene mostrato il cuore pulsante del nostro essere scoperto, finalmente libero da forme e convenzioni sociali. Alcune opere racchiudono al loro interno un profondo senso di vertigine. una perdita di punti di riferimento provocata da un uso cromatico sensuale e bruto, capace di divenire espressione di tutte le percezioni sensoriali. Mainetti ne e’ consapevole e a proposito del suo turbine cromatico afferma: ” E’ lui che mi tiene sempre , io e il colore siamo una sola cosa perche’ e’ attraverso lui che io realizzo e rendo vivi i miei sogni e cosi’ dichiaro – sono pittore-.” Nelle loro recensioni, molti critici d’arte riferiscono di essere stati sedotti dalla spontaneita’ dei dipinti dell’artista residente a Tirano. Vittorio Sgarbi richiama il “brutalismo” di Dubuffet e la tradizione pittorica novecentesca del “recupero dell’espressivita’ primordiale”. Mainetti, attraverso una pittura anti-intelletuale e priva di riferimenti culturali, sperimenta il significato del riscoprire la zona animale che vive al nostro interno resistendo alla colonizzazione progressiva della modernita’. Costretti a vivere nel mondo della penetrazione tra l’uomo e la tecnica elettronica, della manipolazione delle caratteristiche umane, l’imbarco interiore verso un porto popolato dai nostri sogni ( e dai nostri incubi) rimane un’esperienza aperta allo svisceramento delle pulsioni che si agitano nel profondo. Una sorta di riscoperta dello stato brado che caratterizzava l’uomo prima dell’avvento della civilizzazione e della moralita’ culturale. Non a caso la sessualita’ e’ elemento fondante dell’ opera di Ugo Mainetti. Una sessualita’ selvaggia e non convenzionale vissuta e sperimentata sconciamente quanto liberamente, al di la’ delle paranoie e di opprimenti complessi mentali. L’indagine interiore che queste opere ci propongono e indirettamente consigliano non puo’ pero’ essere idolore. E il “Mainett” non lo manda a dire , ma anzi lo dichiara esplicitamente ritornando spesso sull’immagine cristologia della sofferenza: la croce . il distacco dalle quotidiane e tranquillizzanti forme dell’esistenza pratica per fare ingresso in uno specchio dove tutto e’ contorsione, dove la carne brucia di passione, le frattaglie trasudano emozioni ed odori concentrati e brodosi, non puo’ che spaventare e provocare repulsione. Ma non importa, bisogna stringere i denti, accettare lo svisceramento e proseguire perche’ il viaggio d’emigrazione negli spazi interni proposti dal “Macellaio” e’ conoscenza delle nostre intime verita’, di certo non sempre piacevoli, e liberazioni. A fine agosto New york ospita Mainetti e lo colloca a Broadway. Per l’artista nostrano la mostra personale rappresenta un ulteriore e prestigioso riconoscimento della sua attivita’ pittorica. Ma c’e’ forse qualcosa in piu’. La citta’ ferita per antonomasia, la metropoli simbolo della modernita’ e del gigantismo sfrenato ritrova nell’opera del “Macellaio” qual senso di angoscia che la opprime, che la soffoca quotidianamente. New York ha bisogno di guardare dentro se’ stessa, di rituffarsi dentro i sogni per esorcizzare le sue paure. New York ha un disperato bisogno del nostro Mainetti. (tratto da rivista “Concreta Magazine”).